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Personalmente adoro l’Haute Couture, mi fa ritrovare l’entusiasmo per la moda che sovente mi sfugge tra banalità e già visti.
Inoltre quest’anno le sfilate sono capitate a ridosso dei due retail tour, promossi da ASI, che ho tenuto a Milano e a Roma, durante i quali siamo, tra le altre cose, andate a visitare due meravigliose mostre di moda.
Abbiamo avuto la possibilità di vedere da vicino dei capi Haute Couture e ogni volta che osservo questi abiti incredibili, vere e proprie opere d’arte, penso a chi li confeziona.
Quando li guardi sembrano sempre stati lì ed invece non erano altro che un mucchio di stoffe e materiali che, grazie alle sapienti mani di qualcuno, si sono trasformati in opere d’arte che fanno spalancare gli occhi e sorprendere il cuore.
Cucire è da sempre un’arte, un gesto che riconduce al concetto di speranza
“Cucire è un gesto di speranza. Non nasce da una prospettiva rassicurante; sorge da mani che hanno imparato ad essere riserva di avvenire, pratica di trasformazione. È possibilità di dar spazio, accogliendo ferite, immaginando unioni. (Emanuela Mancino, 2021).
Per creare un abito couture circa 35 persone tra sarti e tecnici lavorano a tempo pieno per circa 6.000 ore e mentre costruiscono meticolosamente questi pezzi sono tutti sono vestiti con un’uniforme immacolata estremamente stimolante e migliorativa per le loro perfomance… Indovinate di cosa si tratta?
Il camice bianco
E, per voi che siete attenti lettori della rubrica Neurofashion, solo l’idea del camice bianco vi riporta immediatamente al concetto di Enclothed Cognition, vero?!
Per chi dovesse essere nuovo tra noi, l’Enclothed Cognition presuppone che gli abiti che le persone indossano influenzino i loro processi psicologici portando chi li indossa a comportarsi in modo coerente con il significato simbolico popolare degli abiti.
In particolare Adam e Galinsky (2012) hanno dimostrato questo concetto facendo un esperimento utilizzando proprio e non casualmente un camice bianco.
I due scienziati hanno infatti dimostrato che indossare un camice bianco, presupposto di scienziati e medici, è comunemente associato a concetti come attenzione, cura e responsabilità.
Quando indossiamo abiti che evocano particolari schemi psicologici li incarniamo e ciò si manifesta nel modo in cui pensiamo e agiamo.
Così questi sarti dalle mani d’oro lavorano indossando camici simili a quelli dei medici, solitamente lunghi fino al ginocchio, realizzati in cotone e con tasche per riporre i loro strumenti di lavoro. L’utilizzo di un camice come divisa dimostra la precisione scientifica richiesta loro e la scientificità di questo mestiere.
“Ancora oggi, tutti i dipendenti di Margiela, dai capi designer agli stagisti, indossano le cosiddette “blousons blanche”, stabilendo un senso di identità collettiva, unità e mistero”. – Daisy Woodward
Inoltre il fatto che siano tutti vestiti uguali, cosa che potrebbe apparire impersonale (e in parte lo è), ha la funzione di sostenere il lavoro di gruppo e il senso di apparenza che, in condizioni di lavoro particolarmente impegnative e stressanti, è fondamentale per promuovere il benessere dei lavoratori e la connessione con l’ambiente.
Rimane valido però che aggiungere un tocco personale alla divisa è sempre una buona idea perchè, come suggeriscono le ricerca, vestirsi fuori dagli schemi stimola creatività e carisma, due ingredienti fondamentali per performare bene.
Se hai letto fin qui, siamo d’accordo su almeno due cose:
- La moda è una forma di arte che passa “dal cuore alle mani” (cit.)
- Esiste una connessione tra la nostra mente e ciò che indossiamo
Così ogni volta che devi suggerire un outfit al tuo cliente, rifletti con lui/lei su quali caratteristiche vuole incarnare e a quali indumenti associa questi tratti così che oltre a renderlo/a più bello tu possa diventare supporto nella sua trasformazione verso chi desidera essere.