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Joker: folie..en rouge

Il rosso come colore fulcro del nuovo film con Joaquin Phoenix e Lady Gaga

di Angelica Eruli

Questa non è una recensione del film “Joker: Folie À Deux”, ma una riflessione nata proprio mentre guardavo il nuovo film con Joaquin Phoenix e Lady Gaga: ma perché il rosso? Joker non era vestito di viola?

In principio era il viola

Partiamo da Joker come personaggio dei fumetti e, spoiler, non c’entra nulla con il film nelle sale cinematografiche. Nell’immaginario classico – costruito da una consolidata presenza nei fumetti come antagonista di Batman (che per non sbagliare è sempre in total black) – sfoggia sempre un abito viola accompagnato da un gilet, camicia e cravatta nei toni del verde e dello zafferano, un ensemble che sembra studiato al millimetro per incarnare il “villain” perfetto.

Non è un caso che questi colori siano attribuiti ai cattivi: si tratta di tonalità secondarie, complementari ai primari, tipiche degli eroi. Il blu, il rosso e il giallo richiamano la nobiltà e la purezza dell’eroismo, mentre il viola e il verde suggeriscono l’opposto: caos, morte e decadenza.

Il viola, in particolare, è storicamente legato alla regalità e allo sfarzo, un colore che, fino al XIX secolo, era talmente costoso da essere riservato solo ai più ricchi: ecco quindi che un abito viola era già una dichiarazione di stravaganza e arroganza. A questo si aggiungono il verde e l’arancione, colori che evocano immaturità e irrazionalità, contribuendo a definire un Joker che è, al contempo, eccessivo e imprevedibile, un personaggio che usa la sua estrosità come arma.

Da personaggio secondario a protagonista

Joker indossa un completo sui toni del rosso, con una sfumatura che tende al ruggine e la spiegazione di questo cambiamento è stata data proprio dal costumista:

«Ho iniziato dall’analisi del personaggio e mi sono chiesto come Arthur avrebbe potuto vestirsi fin da bambino. Come può essere stato influenzato dalla madre con cui ancora vive da adulto e ciò che si porta dietro dalla sua difficile adolescenza. Probabilmente i suoi maglioni e le camicie sono capi di abbigliamento usati, lavati, stirati e conservarti da anni e, quando fa il bucato, mette tutto insieme ai vestiti di sua madre. Tutto ciò ha un’influenza decisiva sull’aspetto dei suoi abiti. A ciò va aggiunto che vive di assistenza pubblica, quindi fa acquisti in negozi economici e i suoi abiti sono semplici e non eleganti. Questo è un retroscena fondamentale da tenere in considerazione per vestirlo. La stravaganza e il costo di un abito viola è incompatibile con questo nuovo Joker» ha dichiarato Mark Bridges, costumista e vincitore di due premi Oscar per i migliori costumi nel 2012 con The Artist e nel 2018 con Il filo nascosto.

La scelta della nuova divisa di Joker è quindi figlia di un’analisi di quello che potesse essere realmente il guardaroba di un personaggio come Arthur: il risultato è un look anni ‘70 (sebbene il film sia ambientato negli anni 80) che riprende la tricromia tipica dei clown, ma con scelte cromatiche al limite con lo psichedelico.

D’altra parte la scelta dei capi e dei colori sottolinea come il personaggio avrebbe potuto reperire il completo e il gilet: il completo è irrimediabilmente vecchio (non di seconda mano, come è di moda oggi) e la camicia acrilica-finta-seta è esplicitamente presa da un altro outfit, dando un tocco ridicolo al look nel complesso.

Il caos mentale in rosso 

In “Joker: Folie à Deux“, la tanto attesa evoluzione cromatica dell’abbigliamento di Joker non è semplicemente un capriccio estetico o un cliché cinematografico, ma un riflesso delle profondità psicologiche contorte del personaggio che Todd Phillips ha già tratteggiato nel primo capitolo.

Fonte: Wikipedia

Dal viola acceso e il verde tipici del Joker classico, simboli di follia e veleno, si passa a un’esplosione di colori più stratificata, che riflette il caos interiore e la decadenza mentale di Arthur Fleck. Non è un caso che in questo sequel si noti un progressivo spostamento verso tonalità ancora più contrastanti e disturbanti, come a sottolineare la dissociazione sempre più marcata tra realtà e delirio.

In “Folie à Deux“, la divisa di Joker è un manifesto del suo stato mentale: si fa spazio il rosso saturo e minaccioso, un richiamo all’iconografia del clown tragico, che evolve in una rappresentazione del potere distruttivo dell’alter ego di Fleck. I colori non sono mai semplici dettagli: il cambio da tonalità più terrose a cromie più accese segnala una trasformazione che va oltre il visivo. Qui, il colore diventa veicolo narrativo. L’abito diventa più articolato, quasi teatrale, suggerendo l’amplificazione del suo narcisismo e il desiderio di imprimere la propria follia nel mondo.

Le scelte cromatiche in Joker: Folie à Deux non sono un semplice esercizio, ma un riflesso complesso e stratificato del caos mentale di Arthur Fleck: i colori che indossa non sono solo un modo per rendere il personaggio visivamente accattivante: sono una finestra sulla sua mente frammentata.

La vera genialità (o la trappola, a seconda dei punti di vista) sta nel fatto che questa scelta visiva diventa un commento più ampio sulla polarizzazione della società. Phillips sembra dire che il mondo che circonda Fleck è altrettanto folle e distorto, con la sua gamma cromatica che amplifica il contrasto tra una società “normale” e la sua frattura interiore.

Come in un quadro di Francis Bacon, dove le figure umane vengono scomposte e deformate, i colori in Joker vengono distorti per rappresentare l’orrore umano. Il verde acido, il viola squillante e il rosso saturo non sono solo simboli della follia personale del protagonista, ma anche un ritratto della nostra realtà, una realtà in cui le linee tra il bene e il male, tra ordine e caos, sono ormai sfocate.

Perché proprio il rosso?

Joker, nell’immaginario collettivo e nei fumetti, è sempre stato legato al viola, un colore che storicamente simboleggia la regalità ma anche la follia. Nel primo film di Todd Phillips, però, avevamo un abito già influenzato da una palette terrosa, che rifletteva il disfacimento mentale di Arthur Fleck, più vicino a un uomo alla deriva che a un criminale completamente formato. Con Folie à Deux, il rosso prende il sopravvento e non è certo una scelta casuale.

Il rosso, nell’ambito cinematografico, è carico di significati: passione, ma anche violenza e rabbia. Nel caso di Joker, il suo abito rosso diventa una dichiarazione di potere e autodeterminazione, segnando il definitivo scollamento tra Arthur Fleck e Joker. È un rosso vistoso, quasi a voler gridare al mondo la sua presenza in modo irrefutabile. Non è più il povero clown fallito del primo film, ma un antagonista che abbraccia il suo caos interiore con una sicurezza inquietante. Il rosso, in questo contesto, si lega al concetto di rivoluzione, non solo personale ma anche sociale. Joker non cerca più di adattarsi, ma di rovesciare l’ordine prestabilito, e il colore scelto lo pone al centro di questo sovvertimento.

Rosso è anche passione: Harley Quinn, il suo alter ego

Questo abbigliamento non può essere analizzato isolatamente senza considerare il parallelismo con il costume di Harley Quinn, interpretata da Lady Gaga. In Folie à DeuxHarley Quinn rappresenta una sorta di eco cromatica e psicologica di Joker. Sebbene la sua evoluzione venga tratteggiata in maniera troppo frettolosa, è evidente a tutti come Harley sia anche uno strumento per amplificare la dinamica tossica della loro relazione.

Se il rosso di Joker grida distruzione e caos, Harley, che tradizionalmente è associata al bianco e al rosso nei fumetti, potrebbe adottare una combinazione cromatica simile per sottolineare la loro affinità distruttiva. Come non notare che è proprio Harley ad indossare una giacca rossa durante il processo? Lady Gaga, inoltre, con la sua capacità di incarnare personaggi eccentrici e disturbati, dà sicuramente al costume di Harley una dimensione altrettanto esplosiva, fungendo da perfetto contrappunto visivo a Joker.

Il viola, da sempre simbolo del caos controllato, lascia quindi spazio al rosso, un colore che parla di una follia ormai inarrestabile e non più confinata ai limiti della mente di Arthur Fleck.

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