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In parlamento arriva il dress code? Cravatta obbligatoria, basta abbigliamento da spiaggia e basta con le scarpe da ginnastica, “non stiamo facendo footing”!
Sappiamo bene che l’abito non fa il monaco ma lo veste e sappiamo altrettanto bene che esistono delle regole, implicite o esplicite, che decidono quale sia l’abbigliamento più idoneo rispetto a contesto ed occasione: si chiama dress code.
Grazie al dress code sappiamo che non si entra in chiesa in costume da bagno, non si va ad una serata di gala con gli shorts e non è consono recarsi ad una scampagnata in abito lungo pieno di paillettes.
Nuove regole alla Camera dei Deputati
La richiesta di introduzione di un dress code che riporti decoro e dignità a Montecitorio viene motivata nell’ordine del giorno in questo modo: “l’Istituzione è essa stessa il risultato di una tradizione secolare, portatrice di una sacralità che trova fondamento… poi nella nostra Costituzione, che ne sancisce il principio base di ogni istituzione democratica, secondo cui forma e sostanza sono strettamente collegate, e, laddove una di esse viene meno, perisce la sua credibilità e fondamento”. In sostanza si richiede la formalizzazione di un regolamento che indichi i requisiti di decoro nell’abbigliamento di tutti coloro che hanno accesso al Palazzo, regolamento presente in quasi tutte le sedi istituzionali del mondo e che vorrebbe, nel primo testo presentato per la votazione, giacca e cravatta obbligatori e divieto categorico di indossare sneakers. Le proposte (due) incassano una parziale vittoria con 181 voti favorevoli alla creazione di un dress code pur non vincolando, al momento, né alla cravatta né vietando l’uso delle sneakers.
Le nuove regole del Palazzo
Un nuovo regolamento andrà stilato dall’Ufficio di Presidenza e dal Collegio dei Questori e dovrà prevedere cosa sarà possibile indossare per entrare a Montecitorio e cosa invece sarà relegato alle passeggiate extra lavorative fuori dal Palazzo della Res Publica. E’ possibile che per definire il decalogo del dress code istituzionale dei parlamentari si prenda spunto dalle regole del Senato che prevedono, tra le altre cose, cravatta per gli uomini e spalle coperte per le donne. In alternativa si valuterà di prendere spunto dalle regole utilizzate in altri parlamenti europei e non (pensiamo al rigidissimo dress code di Capitol Hill) che hanno già affrontato la questione stilando regolamenti scritti ed insindacabili.
Voglia di spiaggia anche a Montecitorio
Il post di qualche anno fa di un deputato, a corredo di immagini scattate in Aula, titolava “Benvenuti a Montecitorio beach” le foto di colleghe abbigliate di canotte e top molto estivi, molto di moda, poco istituzionali. Ancora qualche anno prima il vicepresidente del Parlamento greco chiedeva decoro negli outfit anche nella stagione estiva, riferendosi ad una collega che si presentò in seduta con una minigonna più da spiaggia che da parlamento. Insomma non è un fatto nuovo quello sottoposto ieri al voto.
Polemiche all’italiana
A fronte di chi ha avallato e sostenuto la proposta ampliandone la richiesta di regolamentazione anche al dress code femminile le polemiche suscitate da questo ordine del giorno, nel quale si valutava anche il mantenimento dei vitalizi, sono arrivate più puntuali dello scoccare dell’ora del Big Bang. Prima tra tutte l’obiezione per cui esiste già l’obbligo per gli uomini di indossare la giacca a Montecitorio e che anche la Spagna, giusto un anno fa, ha sdoganato un abbigliamento più informale nelle circostanze non ufficiali specificando proprio la non esigenza di indossare la cravatta quotidianamente. L’introduzione di un dress code diventa subito un’imposizione, una limitazione della libertà di espressione, anch’essa, sancita dalla nostra Costituzione. Le nuove regole di abbigliamento per i parlamentari distolgono l’attenzione dai veri problemi della Nazione e non è certo indossando un paio di scarpe classiche che la pillola verrà indorata per tutta l’utenza che non trova conforto dalle posizioni prese dal Governo.
A cosa serve un dress code?
Riavvolgendo il nastro ricordiamoci qual’è la definizione di dress code: complesso di regole che definisce l’abbigliamento appropriato a una determinata occasione o a un determinato luogo.
L’abbigliamento riveste un potere comunicativo importantissimo, veicola indiscutibilmente il proprio valore e riesce a condizionare le nostre performance. Uno studio-esperimento pubblicato sul Social Psychological and Personality Science mette in correlazione l’outfit e le performance attraverso un dress code più o meno formale. L’esperimento prevedeva una simulazione di negoziazione dividendo i “negoziatori” in due gruppi, uno vestito in abiti casual e l’altro in abiti formali. Messi di fronte ad un interlocutore il gruppo che indossava un abbigliamento formale si è velocemente proiettato nei panni di un dirigente e come tale si è comportato, risultando più convincenti ed efficaci e quindi è stato ritenuto più meritevole di una posizione sociale e professionale superiore. Al contrario, il gruppo che indossava abiti casual ha dimostrato di avere un atteggiamento più remissivo, più predisposto a cedere facendosi dominare nel contesto della negoziazione. Nell’odg approvato ieri si parla di forma e sostanza strettamente collegate e si pone l’accento sul fatto che, venendo meno una delle due, verrà meno anche la credibilità.
Dunque non è sbagliato pensare che un abbigliamento consono ai luoghi in cui si esercita la rappresentanza della Democrazia sia d’uopo per rispetto dei luoghi, dell’Istituzione e della popolazione tutta. Inoltre, come abbiamo visto, un abbigliamento formale genera una performance coerente con l’immagine proposta e scongiura la possibilità di indispettire l’interlocutore (e purtroppo sappiamo bene che di motivi per indispettirsi, tra interlocutori, in quel contesto, se ne trovano molteplici).
La resa dei conti
“In attesa della valutazione dei questori la prassi rimane” campeggia divertito il vicepresidente Mulè dallo scranno da cui regola la seduta mostrando la giacca e la cravatta che lui stesso immancabilmente indossa. Nei prossimi mesi l’Ufficio di Presidenza ed il Collegio dei Questori si pronunceranno definitivamente realizzando il decalogo che trae origine dai due ordini del giorno approvati ieri, 2 agosto. Le regole che verranno imposte insindacabilmente saranno rivolte a tutti coloro che transiteranno all’interno del Palazzo e per questo motivo non sarà così semplice generare un vademecum che sia consono alle esigenze di “rispetto della dignità e del decoro dell’Istituzione” e contestualmente tenga conto non solo dei Parlamentari ma anche di staff, dipendenti e visitatori.
Rimarrà un’esortazione a tenere un abbigliamento definito “consono”, lasciando la libertà di definire la parola consono secondo i propri personali criteri o arriverà un vero e proprio elenco di indumenti accettati o rifiutati dal dress code Istituzionale?