Aveva 98 anni il Presidente Emerito della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, scomparso a Roma lo scorso 22 settembre.
Classe 1925, laurea in giurisprudenza a Napoli nel ‘47, appassionato di letteratura e teatro, si avvicina al Partito Comunista nel ‘45 per muovere i primi passi in Parlamento nel 1953. Grande visionario del PCI al punto che agli inizi degli anni ’60 cambia approccio per ispirarsi ai valori del socialismo democratico, inaugurando la cosiddetta corrente dei miglioristi, la più elegante scuola della sinistra napoletana, che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia senza rivoluzionare il capitalismo, in contrapposizione a Enrico Berlinguer.
Dagli anni ’70 in poi, Napolitano conquista un vero standing internazionale, risultando il primo dirigente del Partito Comunista a ricevere un visto per gli Stati Uniti. Inizia un ciclo di conferenze in molti Paesi all’estero ed il suo ottimo inglese gli conferisce un aplomb tipicamente “british”.
La svolta politica decisiva avviene nel 1986, quando Napolitano dirige la commissione di politica estera spingendo il partito a un’apertura piena e leale nei confronti degli Stati Uniti e della Nato, al punto che Henry Kissinger dirà di lui: “è il mio comunista preferito”.
Presidente della Camera nel ‘92, Ministro dell’Interno nel governo Prodi nel ‘96, deputato, europarlamentare, senatore a vita dal Presidente Ciampi per poi diventare l’undicesimo Presidente della Repubblica Italiana, dal 2006 al 2015, ma il primo della storia repubblicana italiana a essere stato eletto per un secondo mandato.
Il passaggio che lo consegnò alla storia come Re Giorgio, così titolò il New York Times, fu nel novembre 2011 quando conferisce al Senatore Mario Monti l’incarico di formare il nuovo Governo che di fatto pensionò Berlusconi. Si levarono voci di interventismo, di interpretazione estensiva delle prerogative costituzionali.
In realtà, la storia ha consegnato una verità diversa, almeno in larga parte: il governo Berlusconi si dimise perché al Quirinale pervenne una dichiarazione sottoscritta da alcuni parlamentari della stessa maggioranza di centrodestra che decretò la fine dell’ultimo Governo Berlusconi tra i sorrisi di Merkel e Sarkozy, lo spread impazzito, la congiura internazionale.
Nella vicenda, Napolitano fu arbitro e garante della Costituzione. La riprova sta nel fatto che Silvio Berlusconi, due anni dopo, propose la rielezione di Giorgio Napolitano a Capo dello Stato. Nel 2018 i primi problemi di salute che lo portarono a diradare la sua presenza fisica a Palazzo Madama, pur continuando a seguire la vita politica.
Se n’è andato il più innovativo dei comunisti, il politico che prima di tutti vide nell’apertura al socialismo liberale il futuro del comunismo.
In queste ore si celebrano i funerali laici di un uomo che ha attraversato quasi un secolo di storia tutta dedicata alla politica e insieme un uomo che, in tempi non sospetti, ha attribuito un valore sostanziale all’abbigliamento. Si, perché Giorgio Napolitano ha riservato e dedicato la sua vita alla politica ed alla res pubblica e la sua immagine rifletteva perfettamente quanto valore desse a queste due cose: il suo abbigliamento rispecchiava la sua serietà e il suo impegno nella politica italiana.
Dagli esordi la sua immagine riflette un’essenza seria ed elegante nel completo classico, giacca e cravatta. Abiti formali, impeccabili, con un’attenta cura del dettaglio a sottolineare serietà ed importanza con cui si dedicava alla politica.
Solo in un secondo momento accoglie tendenze più informali, tra gli anni 60 e 70, nel periodo del “migliorismo”: proponeva un miglioramento delle condizioni di vita della classe operaia e così usa giacche meno strutturate e cravatte meno classiche e osa addirittura con camicie a righe nel loro valore simbolico di unione e solidarietà con il popolo operaio che non indossa la candida camicia bianca, perché era dei loro diritti che stava parlando.
Possiamo definirlo adattabile pur sempre nel rigore della sua eleganza dal sapore un po’ retrò, pur nei mood classici inserisce tocchi di modernità nei particolari (per esempio nelle cravatte con disegni originali). Il ritorno netto ai grandi classici lo vediamo con l’elezione a Presidente della Repubblica: quell’immagine stessa deve restituire a tutto il popolo italiano la saggezza di un uomo che vigilerà su di loro e sulla Costituzione.
Un’immagine sobria, ferma, ispiratrice di fiducia.
Giorgio Napolitano è stato tutto questo.