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L’immagine che diventa linguaggio e apre il cuore alle canzoni

Renato Zero: storia un’icona rivoluzionaria

di Annalisa Tortora
5 min

Esiste un animo “Sorcino” in ognuno di noi, che tocchi le corde più romantiche, quelle più sociali, quelle più emotive o quelle più scabrose, nessuno può dirsi immune dal canticchiare i suoi più grandi successi. Recentemente è stato il suo settantaquattresimo compleanno ed è stata l’occasione per risfogliare un album di ricordi impressi nella mente sotto forma di canzoni e di immagini. Un artista che è stato capace, in un’epoca di grande fermento ma solidamente radicata nelle sue tradizioni di un certo bigottismo, di ridefinire il panorama musicale italiano e, al contempo, il concetto stesso di immagine e stile. Con una carriera che si estende per oltre cinquant’anni, Renato Zero non solo ha sfornato successi senza tempo, ma ha anche abbracciato un’evoluzione stilistica che ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra cultura popolare.

Renato Zero: come nasce una stella

Renato Fiacchini, in arte Renato Zero, nasce a Roma il 30 settembre 1950. La sua carriera musicale decolla negli anni ’70, un periodo florido per la musica italiana che stava vivendo un momento di grande innovazione, un fermento che cambierà la storia, una fase di profonda trasformazione. E’ con il suo secondo album, Zerofobia (album del 1974), che Renato cattura l’attenzione del grande pubblico iniziando a calcare i passi dell’icona che tutti noi oggi conosciamo. Grazie a questo album emergono le sue caratteristiche vocali uniche e il suo approccio teatrale che fa delle sue performance uno spettacolo che l’Italia non aveva mai conosciuto se non guardando l’America, ed è proprio questo connubio di voce e immagine che lo renderà inconfondibile nel panorama musicale.Renato Zero, poliedrico, eclettico, innovatore, sa cambiare e nella sua lunga carriera abbraccia una vasta gamma di generi, dal pop al rock, passando per il cabaret e la musica lirica. Le sue canzoni affrontano temi profondi e complessi, come l’amore, la solitudine e l’emarginazione. A differenza di molti dei suoi contemporanei, Renato non ha paura di esporsi, di mostrare le sue vulnerabilità e di affrontare tabù sociali. Questo lo rende una figura rivoluzionaria non solo per la musica, ma anche per l’immagine che propone.

Fonte immagine: Wikipedia

Look iconici, ne ho scelti alcuni

In Zerofobia si fa fotografare in una versione moderna di Pierrot, serio, malinconico, con una tutina aderente e un mantello leggero, tutto completamente bianco se non per i capelli scuri e le gote e le labbra truccate di rosso. Nel 1977 canterà uno dei suoi pezzi più noti, uno di quelli che, anche contenutisticamente hanno osato rompere gli schemi, dicendo cose che non si potevano dire, in tutina leopardata (complice anche una splendida forma fisica), stivali con il tacco alto, gli inconfondibili ricci neri a incorniciare il volto truccato: Renato presentava al mondo “Mi vendo”. In quegli anni ogni brano ha la sua immagine e si va in scena con gli opportuni cambi d’abito per veicolare ancor di più il messaggio; così nel 1978 per cantare un altro enorme successo che ha suscitato non pochi mal di pancia, si aggira per il palco sempre in tutina aderente color senape, adornata da triangoli verdi di lurex cantando “Il triangolo”. Durante il tour del 1980 “Senza tregua” canta la canzone “Non sparare” indossando uno dei look più stravaganti che il panorama musicale abbia mai ricordato: calca la scena con una tutina gialla (da canarino) e un cappello con becco e piume gialle e mantello di piume. Se guardiamo ai giorni nostri troviamo un Renato più sobrio che comunque non rinuncia a qualche tocco di eccentricità quindi via le tutine, le piume, il trucco marcato i capelli scomposti per lasciare spazio al caschetto liscio (e anche questo diventerà iconico), gli occhiali tondi e i cappelli a bombetta: sono gli anni ‘90, Renato ha fatto la sua rivoluzione con l’immagine e può lasciare ai giovani nuovi modi per raccontare la loro libertà.

Un uomo che si fa rivoluzione con l’immagine

Negli anni ’70, Renato Zero si presenta al pubblico con uno stile audace e provocatorio, realmente e letteralmente rivoluzionario. Indossa abiti eccentrici, piume, colori vivaci, giacche di pelle e make-up appariscenti, coronati dalla sua chioma (invidiabile) lunga e cotonata, e tutti questi elementi diventano il suo marchio di fabbrica. In un’epoca in cui il conformismo era la norma, Renato si erge a simbolo di libertà e autenticità, sfidando le convenzioni e abbattendo le barriere di genere.

L’immagine ha un significato profondo e multifaceted, giocando un ruolo cruciale non solo nella sua identificazione come artista, ma anche nella sua capacità di comunicare messaggi e valori, un riflesso della sua personalità artistica ma anche di quella umana. Il suo stile ha avuto un impatto rivoluzionario: ha sfidato le norme di genere e i canoni estetici del tempo, portando in scena provocazione e audacia. Questo approccio ha contribuito a dare voce a una generazione di artisti e fan che si sentivano emarginati, creando un senso di appartenenza e comunità intorno alla sua figura.

Sin dai suoi esordi il look è inteso come uno strumento di espressione, i costumi eccentrici non sono solo moda, rappresentano una dichiarazione di intenti, un modo per rompere le convenzioni e gli schemi e affermare la propria individualità in un contesto spesso rigido e conservatore.

Con il passare degli anni, Renato Zero continua a sperimentare con il suo stile ma negli anni ’80 e ’90, il suo look si fa più maturo. Abbandona in parte i costumi teatrali per abbracciare uno stile più sobrio, pur non rinunciando a elementi di stravaganza che rompono il total black dei suoi outfit e, nelle occasioni importanti, non disdegna qualche strass o qualche paillette.

Un impatto culturale senza precedenti

Renato Zero è stato un vero e proprio fenomeno culturale. La sua capacità di affrontare temi controversi e di rappresentare le diversità ha ispirato generazioni di artisti e fan. Il suo pubblico di “Zerofolli” è variegato e affezionato, trasversale, senza età: dai giovani ai meno giovani, molti si riconoscono nelle sue canzoni e nella sua immagine. La sua carriera è costellata di successi che hanno attraversato epoche e generazioni, e il suo approccio audace all’immagine continua a ispirare. Oggi non c’è scalpore per un uomo che indossa un top in tulle, cinquant’anni fa era pura avanguardia e l’Italia deve a Renato Zero l’ardire di osare tanto.

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