Sommario
I primi corpi scoperti sanciscono l’inizio di una nuova era. Era che ancora ci accompagna, senza mai perdere neanche un centimetro di presenza… solo di tessuto! Una rottura netta con il passato, una frattura con il vecchio mondo, una protesta, ventata d’aria fresca a livello sociale.
“Sono state le ragazze di King’s Road a inventare la mini”. Le sue ragazze volevano un taglio, un’innovazione, un cambio drastico di stile. Ed è così che la minigonna ha attraversato gli anni e le tendenze senza mai essere messa da parte.
Una famosa canzone degli anni ‘90 recitava con orgoglio “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più!”. Nell’era del bodyshaming mai affermazione può essere considerata più azzeccata. Eppure, guardandoci indietro solo di quarant’anni, quelle gambe in bella mostra erano il sintomo di una rivoluzione capitanata da una eccentrica e stravagante stilista inglese: Barbara Mary Quant (1934 – 2023).
Una rivoluzione iconica: Mary Quant
La rivoluzione di Mary è stata talmente trasversale, globale e travolgente da diventare un simbolo, un’icona vera e propria. Se non fosse stato per lei il tormentone estivo delle nostrane Sabrina Salerno e Jo Squillo non sarebbe esistito. Probabilmente di gambe in mostra non se ne sarebbero viste e non ci sarebbe stato certo bisogno di affermare il valore a tutto tondo di una donna. Che è ben di più di un corpo da sfoggiare.
Mary Quant ha saputo intercettare un bisogno latente e lo ha risolto in modo reale.
Il desiderio di rompere con il passato veniva dalla strada, c’era fermento. Voglia di riscatto di una donna stanca della società maschilista che la relegava in un cantuccio di inferiorità. E’ il desiderio di emancipazione, palpabile tra le strade, che genera l’embrione di ciò che la stilista inglese renderà icona.
I modelli A-Style verranno ricordati con il nome di Swingin Sixties. Tipici della produzione di Mary, con lunghezze (ben) sopra al ginocchio, colori e comodità figli della cultura degli anni ‘60. Twiggy (Lawson), storica e iconica modella delle minigonne di Mary Quant, elegantissima e “scoordinata”, simbolo del decennio ‘60-’70. Gracile, sbarazzina, dal taglio biondo e cortissimo, il fisico asciutto e le calze colorate.
Un binomio vincente quello tra la minigonna e la sua modella. Ha attraversato le epoche e nell’immaginario collettivo rimane un punto fermo. Anche tra le file di chi quegli anni non li ha vissuti direttamente ma ne raccoglie semplicemente il testimone.
Ma la rivoluzione non è tale se non è capace di abbracciare la maggior parte delle persone. Per questo Mary Quant non verrà ricordata solamente per aver tolto centimetri di stoffa alla gonna.
La stilista ha saputo reinventare, reinterpretare tessuti e stili che fino a quel momento erano ad esclusivo appannaggio dell’universo maschile. Insegnando così alle donne a giocare con gli abiti, osare, pur mantenendo la comodità. Fuori dai rigidi schemi imposti per l’abbigliamento femminile ereditato dai decenni precedenti.
E quindi via libera alla commistione di genere tra un gilet con papillon abbinato ad una gonna. Oppure ad un pantalone taglio uomo abbinato a fantasie floreali. Via libera al pantalone che finalmente diventa capo di uso comune. Al jersey, ai pullover aderenti a coste (passeranno alla storia come skinny-rib sweaters). Ai raincoat in PVC (materiale mai visto prima di allora nel mondo della moda) dai colori sgargianti. E via libera a hotpants, stivaletti di plastica colorata, rossetti, trucco e ciglia finte.
Via libera alla libertà per tutte le donne provenienti da ogni ceto sociale e di ogni età.
La rivoluzione trasversale era di tutti e per tutti. Per questo Mary era solita dire che “La snobberia non va più di moda. Nel mio negozio potrete trovare duchesse e segretarie che si accalcano per comprare lo stesso vestito.”
Oggi, in cui tutto è concesso, non ci sono più centimetri da togliere agli indumenti, siamo figli di quella rivoluzione. Evento che in qualche modo ha reso più democratico il modo di vestirsi (provocatoriamente ci chiediamo: troppo?).Sdoganando quella che al tempo era un’impellente esigenza sociale più che la reale necessità di mostrare più quote di corpo.
Oggi celebriamo l’iconica Mary Quant e la sua capacità di sentire l’aria che cambiava. Il coraggio di cavalcare l’onda e la sua produzione stilistica che ha fatto la storia: un’icona che ha inventato un’icona.