Sommario
Ciò che era simbologia e viene da secoli di storia si tramuta in mainstream e diventa un trend. Cosa è rimasto degli antichi rituali che appongono un marchio “per sempre” sulla pelle nei segni che vediamo oggi? Sfoggiati da corpi giovani e meno giovani? Esiste ancora la magia, la ritualità, la simbologia o è rimasta solo moda? Scopriamo la storia del tatuaggio.
La storia del tatuaggio: origini antiche quasi quanto il mondo
La storia del tatuaggio lo vede attraversare epoche rendendosi elemento fondamentale di riconoscimento o, al contrario, fonte di deturpazione. In contrapposizione all’esigenza di preservare il corpo, rappresentazione di bellezza pura.
La Venere di Hohle Fels, statuetta in avorio di 40 mila anni fa, così come le veneri del Neolitico presentavano segni di scarificazione. Una sorta di alterazione della pelle a scopi decorativi, protettivi o simbolici. Rappresentando, ad esempio, per molte etnie africane, il segno del passaggio all’età adulta.
Un simbolo
Era una modalità di incisione primordiale che segnava la pelle con dei tagli e non con i punti. Ma possiamo sicuramente pensarla come la prima forma di tatuaggio che l’uomo abbia utilizzato.
Una protesta
La storia del tatuaggio in Giappone. Era praticato già nel quinto secolo avanti Cristo, per marchiare i criminali e a scopo magico. Ma anche come vezzo estetico sovversivo, contrapponendosi alle leggi repressive che vietavano ai ceti più bassi di indossare kimoni decorati. Così, sotto al kimono, le persone meno facoltose, erano solite tatuare il corpo dal collo alle ginocchia.
Una cura
Nel 1991, sulle alpi Otzalet, è stato rinvenuto Otzi. Grazie alla scoperta del corpo congelato di quest’uomo, vissuto circa 5300 anni fa, che scopriamo un altro uso del tatuaggio. Infatti i segni sul suo corpo furono rinvenuti in prossimità di alcune degenerazioni ossee, facendo pensare che, all’epoca, questa tipologia di tatuaggio venisse usata a scopo terapeutico, al fine di lenire le zone doloranti.
Una forma di comunicazione
Le antiche civiltà egizie riportano più incisioni nelle quali i corpi delle danzatrice presentavano dei segni sulla pelle. Tutti i popoli fino a quel momento utilizzavano il tatuaggio come forma di comunicazione di una sorta di “carta d’identità”. Ma anche per le sue funzioni sacre, magiche e a rappresentare lo status sociale e la provenienza.
Furono greci e romani ad interrompere questa usanza più che diffusa. Perché si poneva in netto contrasto con l’esigenza di preservare il corpo intatto e quindi puro. L’Imperatore Costantino, a seguito della sua conversione al cristianesimo, addirittura li proibì. E così gli unici nell’Impero Romano ad esporre segni sulla pelle erano i gladiatori, i mercenari oppure i galeotti. In occidente si fece strada l’idea secondo cui il tatuaggio riguardasse i delinquenti, i pagani. O comunque i ceti più bassi della popolazione.
Un segno distintivo
Nonostante i divieti cristiani e la reputazione di cui il tatuaggio si era ammantato in realtà, soprattutto tra le file dei soldati di Cristo che partivano per le crociate, moltissimi sceglievano di farsi incidere sul corpo la croce di Gerusalemme. Questo per poter ricevere una degna sepoltura in caso di dipartita sul campo di battaglia. Allo stesso modo non pochi aristocratici che partivano per la guerra sceglievano di incidere le loro carni per avere un segno di riconoscimento nel caso in cui fossero periti in battaglia.
Un marchio
Nelle isole del centro e del sud del Pacifico il tatuaggio aveva molteplici valenze ed era una realtà piuttosto solida. A Tahiti una volta raggiunta la maturità sessuale di una donna le venivano tatuate le natiche di nero. Gli indigeni del Borneo, per avere una guida spirituale che li avrebbe accompagnati nel trapasso all’aldilà, erano soliti tatuare un occhio sul palmo della mano. A Samoa il tatuaggio era una prova di coraggio, forza e resistenza. La realizzazione durava giorni e chi sopportava il dolore fino alla fine dell’opera veniva onorato con una grande festa.
Il significato e la storia del tatuaggio: da simbolo ad espressione artistica
L’Europa rimane più fredda rispetto all’uso di questo mezzo di comunicazione. Mentre nel resto del mondo, anche in tempi più recenti continua ad essere normale e per alcuni versi necessario.Per sancire, certificare, assodare. Alla fine del 1800 Samuel O’Reilly brevetta la genitrice dello strumento moderno utilizzato oggi da tutti i tatuatori, una macchinetta elettrica che riduce tempi e dolori per realizzare i disegni incisi sulla pelle.
A quel punto il tatuaggio inizia a diventare un fatto commerciale ma comincia ad assumere anche una valenza più artistica. In molti casi, si abbandona quindi tutto il bagaglio di simboli di cui si era fatto portatore fino a quel momento. Il XX secolo è quello che attribuirà al tatuaggio un giudizio di valore riportandolo al preconcetto dell’epoca romana tale per cui solo le persone emarginate, i delinquenti, i diversi ne potevano fare sfoggio.
Così divenne il simbolo dei punk che negli anni ‘70 rappresentavano la loro ribellione sociale marchiando la loro pelle. E anche giocando con i tagli ed i colori dei capelli. Pur sempre un simbolo.
Giungendo a grandi passi al nostro tempo la componente artistica ha sicuramente preso moltissimo piede attraverso questa forma di espressione. Ci troviamo spesso inconsapevoli di ripetere una ritualità sacra che rievoca uno dei riti più importanti della storia dell’uomo.
Interessante comprenderne le ragioni dell’evoluzionista Richard Dawkins. Riconduce al fatto che oggi è sempre più difficile farsi riconoscere con status symbol. Materiali o sociali che siano. E quindi tornare al corpo “ricamandolo” è forse la cosa più facile perchè è alla portata di tutti.
Possiamo identificarlo oggi come un vero e proprio mainstream. Un trend trasversale che risponde all’esigenza, di tutte le età e di tutte le classi sociali, di incidere un ricordo. Un significante, una protesta, un simbolo in modo assolutamente democratico, multietnico e multiculturale.
Abbandonati i pregiudizi del secolo scorso si afferma come un’arte. E il corpo umano, di cui ci riappropriamo con forza, è il mezzo artistico. Così, nella moda, troveremo chi adorna la propria pelle per puro senso estetico (che ricordiamo essere del tutto soggettivo). Come ci sarà chi sceglie il tatuaggio come simbolo, mezzo di comunicazione, protesta, marchio, finanche cura. Esattamente come è stato percepito per tutta la sua storia.